Preghiera del Giubileo_ Parrocchia San Domenico Savio - Verona 1973-2023

Dio Trinità, Padre Figlio e Spirito Santo, ti ringrazio per i doni di unità e di servizio che hanno costituito la nostra Comunità parrocchiale e fatta vivere in questi 50 anni.

Per intercessione del nostro patrono, santo adolescente, Domenico Savio, rendici capaci di trasmettere la fede alle nuove generazioni, rafforza le nostre ragazze ed i nostri ragazzi nelle prove della vita e nel cammino spirituale.

Siamo Parrocchia, famiglie tra famiglie, Signore, fai crescere in noi la consapevolezza di quanto abbiamo ricevuto e di quanto possiamo dare, la possibilità dell’amore gratuito.

Riconoscendo i segni del tuo amore facci abbracciare la realtà alla quale ci hai chiamati.

Apri i nostri occhi alla bellezza ed alla possibilità di relazioni autentiche, sia comunità nel tuo nome, sia tempo propizio per incontrarti, sia gloria al tuo nome nella nostra vita personale, nelle nostre famiglie, nella nostra Chiesa.

Maria Ausiliatrice, sii per noi esempio di ascolto e di umiltà, continui su questa porzione di Chiesa universale la tua benedizione.

Amen.

Santa Messa di ringraziamento celebrata dal nostro Vescovo Mons. Domenico Pompili

Storia della Parrocchia San Domenico Savio:

La nostra parrocchia ha origini relativamente recenti: la sua costituzione risale agli anni ’70 del passato secolo. In quegli anni, siamo in pieno “boom economico”, assistiamo ad un notevole sviluppo di nuove aree demografiche, nelle periferie della città, con il conseguente incremento abitativo che riguarda anche il nostro quartiere, dal quale emerge quella “sollecitudine pastorale”, esigenza di servizio ai fedeli chiaramente formulata nel testo del Decreto, che riportiamo, emesso dalla Curia Vescovile, in data 25 dicembre 1973: data che segna il passaggio da Rettoria Salesiana a Parrocchia di San Domenico Savio.

Da Rettoria dunque, attraverso la stipula di una convenzione sottoscritta in data 12.03.1974, tra la Diocesi di Verona e la Congregazione Salesiana di Don Bosco, si passa all’affidamento della Parrocchia di San Domenico Savio ai Salesiani, “pleno jure” (con piena giurisdizione); parrocchia collocata presso l’Istituto “San Zeno”, sfruttandone le strutture per la chiesa-cappella, l’ufficio parrocchiale, aule per catechismo e riunioni, spazi per il gioco, le recite per i tanti giovani che vi partecipano.

Primi anni ’70 – giovani nel cortile dell’Ist. San Zeno dove fu collocata, in un primo tempo, la parrocchia di San Domenico Savio

Ma ben presto ci si rende conto che la neo-nata parrocchia ha bisogno di un’autonomia propria, di essere al centro del quartiere, della sua comunità: in buona sostanza si avverte fortemente la necessità di una nuova struttura, ovviamente con le non poche difficoltà di realizzazione. Proposta incoraggiata (e posta sotto tutela Provvidenziale) da S. E. Mons. Giuseppe Carraro, rivolta alla Comunità Salesiana, preoccupata per questa nuova attività, ma motivata in quanto – parola di Vescovo -: “Qui sorgerà una delle più fiorenti parrocchie della nostra Diocesi” (da “Costruire Insieme”).

Nomina di don Antonio Bergamin a Parroco di San Domenico Savio

Un secondo importante evento per la comunità parrocchiale riguarda la nomina del parroco (un “confratello adatto” della comunità del San Zeno di Verona, leggiamo in una nota di repertorio) che avverrà il primo ottobre del 1974. Parroco di San Domenico Savio sarà nominato don Antonio Bergamin che subentrerà al Rettore Salesiano “facente funzione parroco”, don Giuseppe Mosaner. 

Riportiamo un passaggio della lettera di don Giuseppe Mosaner, inviata alla comunità e pubblicata sul giornalino parrocchiale “Costruire Insieme” del dicembre ’74, parole che sintetizzano il delicato momento di crescita della parrocchia.

Fra le altre cose scriveva don Giuseppe: “Se vi ho lasciato non è stato per scegliere una vita più comoda, anzi! Ma avevo capito che per una giovane parrocchia era necessario un parroco più giovane di me, che potesse avere più slancio, più energia e la speranza di riuscire in breve tempo a realizzare qualche cosa di concreto” … E concludeva don Giuseppe:

“Ora ho un unico desiderio: che continuiate la vostra opera verso il nuovo parroco, che lo aiutiate, lo incoraggiate, che non lo lasciate mai solo” … Ed il nuovo parroco non verrà lasciato solo; il messaggio ai parrocchiani era chiaro e don Antonio sarà l’uomo giusto al posto giusto.

 “Costruire Insieme”: un titolo significativo, secondo don Antonio, scaturito da una conversazione con i giovani (tanti giovani per una giovane parrocchia) che, oltre ad essere l’intestazione del giornalino parrocchiale, è anche lo “slogan” scelto che accompagnerà il percorso di crescita comunitario. Scriveva don Antonio: “Desideriamo costruire insieme una comunità di fede, … Desideriamo costruire insieme una comunità di amore, … Desideriamo costruire insieme una comunità di azione. E quando l’atto di fede e di amore si traduce in azione, allora la vera salvezza giunge a noi e ai fratelli. Ciò che si realizzerà nella nostra comunità parrocchiale, poco o tanto non importa, mi auguro sia l’espressione di tutti coloro che s’impegnano a credere e amare nel nome di Cristo. L’aiuto di Dio e la nostra disponibilità traduca questo nostro desiderio in consolante realtà”.

Dunque, idee chiare, motivate. Don Antonio, coadiuvato dai confratelli salesiani, con entusiasmo, coinvolgendo l’intera comunità, vuole realizzare una nuova struttura che risponda alle esigenze di una parrocchia in formazione e favorisca il sorgere di nuove attività associative, ricreative e culturali con particolare attenzione ai giovani.

Don Antonio sarà ricordato soprattutto quale artefice della costruzione del nuovo Centro Giovanile, della Canonica (e successivamente della chiesa, di cui ci occuperemo a suo tempo), dove verrà trasferita la sede della parrocchia, dall’Ist. San Zeno a Via Umbria, 24 

Dalla fine del ’74 in poi, sarà tutto un fermento di idee e progetti per le nuove opere parrocchiali. Significativo un annuncio riportato sul giornalino parrocchiale dell’epoca dal titolo: “Incontro comunitario, capi famiglia”, dove al punto 5 dell’ordine del giorno si legge: “Prospettive per le nuove opere parrocchiali – terreno; ubicazione; proporzioni; piano di finanziamento” (in pratica tutto quanto serve per una nuova realizzazione). Invito inusuale, pensiamo oggi, quello rivolto in particolare ai capi famiglia, ma che all’epoca rimarcava responsabilità, coinvolgimento.

Di seguito alcune progetti per le nuove opere parrocchiali. Rispettivamente del 1974, 1975 e del 1976:

Da un’analisi dei progetti credo si possa definire ambizioso il piano di realizzazione: si pensa, ovviamente, alla costruzione della nuova chiesa e del centro giovanile con i vari servizi ricreativi, aule per il catechismo, sala conferenze, cinema/teatro; struttura che includa, inoltre, la casa canonica per l’accoglienza dei confratelli salesiani, gli uffici di direzione della parrocchia; addirittura si ipotizza la realizzazione di una scuola materna, ed ancora un’area polisportiva, oltre ad un piazzale con ampio parcheggio. Il tutto su un’area di terreno di 15.000 mq individuata a meno di un Km ad Est dell’Ist. San Zeno che però è un insieme di 4 proprietà, di cui una del Comune, sulla quale la Curia Vescovile punterà per velocizzare l’acquisto del terreno ed avviare i lavori. Ma ben presto la commissione edilizia parrocchiale e il parroco don Antonio si renderanno conto che la realizzazione dell’imponente progetto necessita di un notevole sostegno economico, sia pur agevolato da prestiti, contributi ecc., ma che, alla fine, sarà totalmente a carico della comunità parrocchiale. Difficoltà che non scoraggeranno però il giovane parroco don Antonio, pieno di entusiasmo, di iniziative, di serena fiducia che i parrocchiani e i confratelli salesiani lo sosterranno nella realizzazione delle nuove strutture.

Tra comprensibili preoccupazioni, i lavori avranno inizio il 25 marzo del 1977 dando la priorità alla costruzione del centro giovanile/canonica. Il progetto definitivo è quello proposto nel 1976 e sarà realizzato su una superficie di 3.000 mq ricavando la sala giochi, sale per incontri e catechismo, il teatro (si ipotizza che potrebbe servire provvisoriamente anche da chiesa), la residenza e gli uffici per la comunità salesiana. Alla fine le funzioni religiose si terranno in un ampio salone nel seminterrato dell’edificio, mentre la costruzione della nuova chiesa verrà rinviata. E la situazione economica? Sempre preoccupante e dipendente dalla disponibilità della comunità parrocchiale! A titolo informativo riportiamo alcuni dati pubblicati sulla stampa parrocchiale dell’epoca:

 

maggio 1975 – somma raccolta per le nuove opere parrocchiali Lire 425.670;

aprile 1976 – preventivo per la costruzione del centro giovanile, al grezzo Lire 120 milioni;

maggio 1978 – (lavori ultimati) spesa complessiva, conteggio Imp. Ferrarini, Lire 235.091.368

 

La costruzione del centro giovanile e della canonica sarà ultimata l’anno successivo; l’inaugurazione e benedizione verrà officiata da Mons. Giuseppe Carraro, Vescovo di Verona, nel giorno di ricorrenza del giovane Patrono San Domenico Savio: era il 6 maggio 1978

 

1977/1978 – fase di costruzione del nuovo Centro Giovanile/Canonica della parrocchia

6 maggio 1978 – inaugurazione del nuovo Centro Giovanile/Canonica della parrocchia

S. E. Mons. Giuseppe Amari Vescovo della Diocesi di Verona

A dx. Antonio Bergamin, Parroco; a sx. don Tiziano Bonomi, Cancelliere Vescovile

Ultimiamo questo excursus sulle vicende della nostra parrocchia con alcune curiosità che certamente molti parrocchiani, giovani o meno, ignorano; racconti da chi in questi luoghi è cresciuto e ha vissuto tutte le trasformazioni del nostro quartiere. Il Sig. Dario Valbusa al termine del secondo conflitto mondiale è un ragazzino e dalla vicina “Spianà”, dove accompagna il nonno al lavoro nei campi, viene a giocare con gli amichetti tra le piazzole contraeree costruite sul fortino e in parte proprio dove sorgerà la nostra nuova chiesa.

Le batterie erano state posizionate in questi luoghi al fine di contrastare i bombardamenti degli aerei anglo-americani sulla stazione di Porta Nuova, sulla ferrovia del Brennero e del vicino scalo di S. Lucia. Al termine della guerra i cannoni saranno subito rimossi, mentre le piazzole in cemento verranno smantellate negli anni sessanta per fare spazio alle nuove costruzioni. È sempre Dario a raccontarci che il terreno destinato alla costruzione del nuovo Centro Giovanile/Canonica era un’enorme buca in quanto ex cava di ghiaia dismessa (Demanio Comunale), e i progettisti ritennero antieconomico l’innalzamento a livello stradale della struttura in quanto bisognava erigere fondamenta e pilastri idonei; pertanto si decise di sfruttare anche la parte interrata per ricavare i locali. Chi frequenta il centro giovanile si accorge facilmente di questo dislivello, poiché è costretto a scendere due scale per raggiungere alcune stanze. Il salone della temporanea chiesa si troverà nella parte più bassa dell’edificio, a metri 3,5 sotto il livello stradale (oggi salone Mamma Margherita e stanze multifunzione), illuminato da basse finestre e da un oblò, lato altare, che filtrava luce dall’alto.

Inverno 1978 – giovani in festa al nuovo Centro Giovanile della parrocchia. Si noti il dislivello del cortile interno rispetto al piano stradale. Sullo sfondo il capannone di autotrasporti “Maritan Borgato”.

1975 – Parrocchia di San Domenico Savio presso l’Ist. San Zeno. Foto ricordo dei bambini della prima comunione con il parroco, di recente nomina, don Antonio Bergamin.

Da luglio 1978, a norma dei Sacri Canoni e del parere favorevole del Consiglio dell’Ispettoria, la nuova casa salesiana, con patrono San Domenico Savio, è comunità autonoma e pertanto separata da quella dell’Istituto San Zeno. Don Antonio Bergamin, oltre che parroco, è il primo direttore della comunità, coadiuvato dai confratelli don Aldo Olioso e don Gian Antonio Trenti, avente come finalità, si legge nel decreto di erezione della nuova casa, la cura pastorale, la catechesi e l’animazione rivolta ai giovani in particolare.

Don Gian Antonio Trenti, affettuosamente chiamato “don Tony”, all’epoca è un salesiano “fresco di sacerdozio” in quanto ordinato prete da appena qualche mese: l’8 aprile 1978. Il gioioso, sempre sorridente “don Tony”, è particolarmente legato alla nostra parrocchia poiché, in eccezione alla regola salesiana dell’avvicendamento periodico annuale, è il salesiano che più volte ha svolto, in tempi diversi, il suo ministero a San Domenico Savio: ordinato sacerdote rimarrà, presso la nostra comunità, fino al settembre 1981; quindi, trasferito a Trento per finire gli studi al conservatorio, vi ritornerà nel 1993 per rimanervi cinque anni come curato, poi un anno a Roma e infine, nominato parroco, da settembre 1999 sarà alla guida della nostra parrocchia, in sostituzione dell’uscente parroco, fino al 2005. 

Accantonato, per il momento, il progetto di costruzione della nuova chiesa, soprattutto per ragioni economiche (bisognava saldare i conti per la realizzazione del nuovo centro giovanile e della canonica), da maggio 1978 e per tutto il 1986 (6.12.1986, inaugurazione nuova chiesa), le funzioni religiose della nostra parrocchia, come sappiamo, si terranno nel salone seminterrato dell’edificio, accessibile dall’esterno attraverso una scalinata ancora oggi utilizzata, mentre la sagrestia era attigua al “salone-chiesa” dove oggi è collocata la cucina della sala/refettorio Mamma Margherita. Purtroppo, per l’infelice posizione, l’edificio, a causa di acquazzoni, spesso finiva sotto acqua e pertanto, ogni qualvolta succedeva, “volontarie donne”, alle quali va il nostro più caro ricordo, con stivali ai piedi e tanta pazienza, intervenivano per ripulire il tutto. In futuro la situazione migliorerà grazie ai lavori per convogliare e raccogliere le acque piovane.

Il salone che fungeva da chiesa, mai consacrata data la provvisorietà, venne arredato modestamente con suppellettili recuperate da una casa di Rovereto che era stata chiusa: un unico altare (maggiore) in legno con al centro (paliotto) una riproduzione “dell’ultima cena” di Leonardo da Vinci, rialzato tramite una pedana; sopra l’altare fu posizionato, in un primo momento, il tabernacolo del Santissimo, successivamente posto di lato su una colonnina; un semplice leggio fungeva da ambone; alla parete in testa all’altare fu posizionato un grande crocifisso in legno, opera dei maestri scultori di Ortisei, che per dimensioni risultava sproporzionato rispetto al basso locale, effetto ottico sicuramente ristabilito in quanto, lo stesso grande crocifisso, spicca oggi maestoso in testa all’altare della nuova chiesa; di lato al maggiore l’altarino della Madonna; appesi ai muri laterali del locale le stazioni raffiguranti la Via Crucis, anch’esse scolpite in legno. Quanto all’assemblea, questa prendeva posto in alcuni banchi posizionati per le prime file, completate da sedie con bracciolo.

Successivamente gli arredi: altare completo di sedili, Madonnina, le sculture della Via Crucis, i banchi sono stati tutti recuperati e collocati nella cappellina della nuova chiesa.

La “modesta chiesa” poteva contenere poco più di 200 fedeli, tanto che in particolari cerimonie come prime comunioni, cresime, l’elevato numero di bambini/ragazzi, accompagnati dai

catechisti, genitori e parenti, faceva sì che l’ambiente si riempisse completamente limitando i posti per altri fedeli. Anche chi vi racconta questi aneddoti, essendo parrocchiano dal 1980, ricorda “certi affollamenti”; non sono poi mancate le occasioni, in barba alla discrezione, che i partecipanti alle funzioni invadessero anche la zona dove era stato posizionato l’unico confessionale, in fondo al salone, e pertanto poteva capitare che la confessione di qualche fedele, magari un po’ “duro d’orecchi”, diventasse pubblica.

Ma tutta questa partecipazione alle cerimonie non deve stupire, anzi confortare: d’altro canto non dobbiamo dimenticare che l’erezione della parrocchia era, per l’appunto, stata necessaria dato l’aumento demografico del quartiere.

“Costruire insieme”, lo slogan scelto da don Antonio assieme a giovani parrocchiani, sul finire degli anni ”70 è dunque una realtà. Oltre ad essere stata costruita una nuova struttura in muratura, è cresciuta, si è rafforzata una comunità parrocchiale che, nel corso degli anni, con entusiasmo, coinvolgimento, stretta attorno al suo parroco, è divenuta una concreta testimonianza cristiana. Oramai, in piena autonomia, si provvede a tutte le ordinarie e straordinarie funzioni religiose, alla formazione cristiana di fanciulli, giovani e adulti. Significativi i dati dei primi anni pastorali (da maggio 1978 e per tutto il 1979): i battezzati furono 53 (difficilmente, in questi ultimi anni, si è superata la decina di battesimi annuale), un numero considerevole, se pensiamo che in quegli anni era frequente la scelta, da parte dei genitori, di battezzare i propri neonati direttamente presso la chiesa dell’ospedale dove era avvenuto il parto. Notevole il numero di bambini presentati per la loro prima comunione, e fu proprio in quella occasione che i genitori fecero dono della Madonnina, scolpita in legno, proveniente anch’essa da Ortisei.

Altrettanto numerosi i giovani preparati per la confermazione cristiana, la Cresima: il 6 maggio 1978, anniversario del Santo Patrono, oltre ad aver inaugurato la nuova struttura di via Umbria, Mons. Carraro impartì la Cresima a 21 ragazzi; la cerimonia però fu officiata presso la chiesa-cappella dell’Istituto San Zeno, presumo per motivi tecnico-logistici. L’anno successivo 1979, sempre in occasione della ricorrenza del Santo Patrono, furono 46 i ragazzi cresimati da Mons. Amari, Vescovo successore di Mons. Carraro. I matrimoni celebrati tra il ’78 e ’79 furono 14, contrariamente ai tempi nostri in cui sono passati anni senza che nella nuova chiesa si sia celebrato un solo matrimonio. Naturalmente anche i riti funebri rientravano nell’ordinario; unico disagio, data la collocazione seminterrata della struttura, il transito del feretro che pertanto si faceva passare sul retro dell’edificio, quindi, attraverso una rampa, si entrava in chiesa; l’alternativa era l’uso delle scale con il trasporto della “bara a spalle”. É doveroso ricordare che nei primi anni di attività della parrocchia, in aiuto ai sacerdoti, oltre a validi insegnanti catechisti e a tanti operatori, vi era un gruppo di suore di Maria Ausiliatrice dell’Ist. San Zeno, le quali hanno dato un generoso, valido contributo di crescita parrocchiale.

 Di pari passo alla cura pastorale rivolta all’intera comunità, vennero incoraggiate, come desiderava don Antonio, le attività associative e ricreative, con attenzione ai tanti giovani che ogni giorno frequentavano il centro giovanile. Negli stessi locali, oggi ampliati, iniziarono a trovare svago i bambini che si dividevano tra la sala giochi e le attività nel cortile esterno; frequenti erano le serate di incontro per adolescenti e giovani i quali, animati da un giovane sacerdote salesiano, seguivano un percorso educativo, spesso discutendo di cosa fare, come migliorare l’operato in parrocchia, e ogni pretesto, ricorrenza, compleanno, era buono per una bicchierata, tante risate e canti. Ma il “clou” del divertimento, dello stare assieme, per giovani e adulti, credo si sia raggiunto nell’organizzare le rappresentazioni teatrali, le serate musicali, le maga-feste in occasione del carnevale, i veglioni di S. Silvestro che si tenevano e in parte si tengono oggi in teatro (struttura invidiata da tante parrocchie): locale ovviamente condiviso per incontri, conferenze, ecc. E come non menzionare le gite, le scampagnate e la principale delle attività all’aria aperta, presente in tante parrocchie, cioè lo scautismo (o scoutismo). A San Domenico Savio le cronache del tempo (giornalino parr. “Costruire Insieme”) ci portano nel lontano 1976, a domenica 17 ottobre quando, nel corso della “S. Messa da campo”, solennemente si è dato vita ad un nuovo gruppo scout: il Verona 3°.

Il gruppo, leggiamo, è composto da lupetti e coccinelle, guide e scout ed una comunità di animatori a servizio delle varie branche. Si tratta già di un centinaio (numero notevole) di persone che desiderano permeare la loro vita dello spirito scout. Il nuovo gruppo, ufficialmente inaugurato il 5-12-1976 nel teatro dell’Ist. Salesiano don Bosco di Via A. Provolo, è sorto staccandosi dal VR 13° (Stadio) e svolge servizio, oltre che nella propria, anche nella vicina parrocchia dell’Immacolata con l’incarico di accogliere i ragazzi/e di Borgo Nuovo e San Massimo. Ebbene, ancora oggi, presso la nostra parrocchia, è presente la sede scout dove, nel corso degli anni, tanti giovani sono stati educati a diventare “buoni cittadini”. É sempre emozionante vedere tanti bambini e bambine in divisa scout, ma soprattutto è bello pensare che, attraverso l’apprendimento di valori di vita, Legge scout e Promessa, quei bambini saranno gli uomini di domani. Quanto alle “gite fuori-porta” sono molti i parrocchiani che ricordano le giornate passate in Lessinia, presso la Malga Arnezzo con don Roberto Massella, all’epoca giovane confratello salesiano, che ha svolto il suo ministero presso la nostra parrocchia dal settembre 1981 al 1985. Per don Roberto è sempre stato un piacere, e lo è tutt’oggi, mettersi a disposizione, accogliere tanti giovani, gruppi famigliari in questo “centro estivo montano”. Nel corso degli anni, grazie al lavoro e alla generosità di tante persone, il casolare è stato ristrutturato, abbellito, reso funzionale con locali idonei per il soggiorno; inoltre è stato arricchito da una suggestiva cappellina, luogo di riflessione e preghiera ricavata da quello che un tempo era un ovile.

1980 – (con la chitarra) Gian Antonio Trenti, don Tony, in un momento di festa con giovani parrocchiani.

1980 – Teatro Parrocchiale: festa di carnevale

Fine anni ’70 – Clan VR 3° Campo estivo Rosolina Mare, (in alto 2° dx) il parrocchiano Bruno Rossi scout dal 1949

1984 – Lessinia, Malga Arnezzo: gruppo di giovani con don Roberto Massella (in piedi con la camicia azzurra)

Ma “il tarlo”, il principale pensiero di don Antonio era il completamento delle opere parrocchiali, l’edificazione della chiesa che vuole bella, grande a disposizione di tutta la comunità, nonostante le problematiche di sempre: acquisizione del terreno, progettazione e i fondi per realizzare il tutto. Come sappiamo don Antonio non era prete da scoraggiarsi, anzi sembra che le difficoltà lo spronino, con maggior vigoria, ad andare avanti, oltre a credere fermamente nella Provvidenza che, a suo avviso, “non mancherà di manifestarsi” …

Ebbene, nei primi anni ’80, a seguito del passaggio di proprietà da privati al Comune di Verona di alcuni terreni confinanti con la proprietà parrocchiale e pertanto idonei per l’ampliamento delle strutture, un primo, importante passo in avanti che porterà all’edificazione della nuova chiesa, lo compirà la Curia Vescovile la quale, in data 28 marzo 1983, inoltra formale richiesta all’Amministrazione Comunale di assegnazione di un’area destinata alla costruzione di un edificio sacro. Si tratta di un appezzamento di terreno di circa 3500 mq; la richiesta è peraltro suffragata dalle vigenti leggi che prevedono la cessione gratuita di aree destinate alle Attività Religiose. La risposta dal Consiglio Comunale arriverà nel novembre 1984 (proposta di deliberazione n° 136) e sarà favorevole alla domanda del Vescovo in considerazione anche dell’utilità e della funzione sociale rappresentata dalla presenza di una nuova chiesa in un insediamento urbano in pieno sviluppo. E pertanto verrà deliberato di cedere, a titolo gratuito, alla Parrocchia “San Domenico Savio”, in persona del legale rappresentante pro-tempore don Antonio Bergamin, il terreno sito in Borgo Milano […] con l’unico vincolo che l’area sia destinata a sede della chiesa da erigersi. Immaginiamo la felicità di don Antonio!

In calce al testo integrale della delibera, pubblicato sul giornalino parrocchiale “Costruire Insieme” che uscirà nel Natale 1984, in grassetto è stato riportato:

É proprio un bel regalo di Natale!!! Ringraziamo il Signore e … anche il Comune.

 Doveroso aggiungere: Provvidenza Divina ampiamente manifestata nella quale don Antonio aveva sempre confidato.

Il 1985, per la comunità di San Domenico Savio, si apre all’insegna del: “non c’è tempo da perdere”! Ovviamente questa è un’opinione personale, vista la tempistica degli eventi. Fatto sta che in data 3 gennaio viene distribuito un volantino, questionario rivolto a tutte le famiglie della parrocchia nel quale si affronta (vista l’acquisizione del terreno), addirittura “s’impone il problema” della nuova chiesa: insomma, oramai non si può più transigere, anche perché sono passati 12 anni dalla fondazione della parrocchia e pertanto bisogna procedere con la costruzione. Evento sostenuto “con insistenza” dal Vescovo: figuriamoci le spinte del parroco don Antonio Bergamin che non vede l’ora di vedere realizzata la chiesa.

Unici scettici i membri del Consiglio Pastorale Parrocchiale i quali, dopo “attenta riflessione” (presumo preoccupati per l’aspetto economico), alla fine esprimeranno parere favorevole per l’edificazione della nuova chiesa.

Viene inoltre chiesto di rispondere ad un questionario suddiviso in 5 punti; quesito che “preso alla larga” conclude con la domanda: la sua famiglia è disposta a collaborare? Che tradotto vuol dire: cari parrocchiani, siete disposti a collaborare economicamente per la costruzione della nuova chiesa? Il tutto: consegna del questionario, nuove proposte, discussione da confluire nell’assemblea parrocchiale che si terrà l’11 gennaio ore 20.45. Alla fine i questionari raccolti saranno un centinaio (perlomeno questo è il numero agli atti parrocchiali) e fra le risposte emerge che le famiglie preferiscono una “chiesa moderna” di tipo assembleare (cioè con l’assemblea a semicerchio rispetto l’altare maggiore). Curiosa inoltre è la lettura delle proposte in calce al questionario espresse dai parrocchiani (poche in realtà e quasi tutte anonime); i suggerimenti riguardano sostanzialmente l’aspetto strutturale/funzionale e quello economico. Si suggerisce una chiesa moderna per accontentare i giovani; evitare il lusso, gli sprechi di spazio; una chiesa sobria con tanta luce e visibilità da tutte le parti; il fonte battesimale dovrebbe essere vicino all’altare maggiore; se possibile, avere un “campaniletto”. Quanto all’aspetto economico c’è chi propone l’immediato versamento di una prima rata; partecipare con una quota mensile in base al reddito familiare; prestito annuo senza interessi; inviare ogni mese la busta alle famiglie; finanziamento secondo le proprie possibilità e sensibilità; organizzare una sagra parrocchiale finalizzata alla costruzione della nuova chiesa: immaginiamo quanti risotti bisognerà cucinare!! Infine c’è chi propone di “lasciare ogni decisione a chi è più competente – per noi tutto va bene – l’importante che nella comunità ci sia comunione e collaborazione”. Dell’esito del questionario, voluto dal parroco don Antonio con i Consiglieri parrocchiali, si tenne assolutamente conto, è lo stesso Valter Rossetto a dirlo, giovane e promettente architetto, discepolo del famoso Carlo Scarpa, al quale venne affidato il progetto della nuova chiesa. Il trentacinquenne architetto in un’intervista rilasciata all’epoca (terza pagina di un locale quotidiano) sottolinea, per l’appunto, che il progetto non è solamente frutto suo, ma di un lavoro fatto in collaborazione con diverse persone: gli architetti Marco Lonardi, Giorgio Quagini, Carlo Salvetti, l’ingegnere Renato Scarazzai e la stessa gente del quartiere con i propri suggerimenti ed osservazioni.

Pertanto, con questa premessa, nei mesi che seguirono fu elaborato il progetto per la costruzione della nuova chiesa di San Domenico Savio.

Ora è impegnativo per noi addentrarci e discutere di “arte sacra”, di come progettare una chiesa, mettere a confronto le cattedrali, le maestose opere del passato con le “chiese moderne”, calarsi nel contesto socio-culturale del momento, quali le esigenze, quale rapporto vi è tra arte e fede: concetti che sicuramente l’architetto Rossetto ha tenuto in debita considerazione. Negli anni ’80 sono sorte numerose nuove chiese, soprattutto nella periferia della città e al di là di ogni critica e valutazione leggiamo, in una nota di repertorio, che «la nuova chiesa di San Domenico Savio è stata giudicata da molti tra le più belle e significative opere architettoniche religiose di questi ultimi anni». Credo che l’intero quartiere, i parrocchiani dovrebbero andare fieri.

22 settembre 1985 – Edificazione della nuova chiesa di San Domenico Savio: “Posa della prima pietra”.

Celebrazione officiata da Mons. Andrea Veggio, Vescovo ausiliare della Diocesi di Verona.

Domenica 22 settembre 1985 la comunità di San Domenico Savio fu protagonista di un grande evento: la posa della prima pietra che diede inizio ai lavori di edificazione della nuova chiesa. In tempi passati era la pietra angolare, di testata dell’edificio, la prima pietra che idealmente dava solidità, sicuro sostegno; in tempi moderni questo rituale assume un significato puramente simbolico, nel caso di un edificio sacro accostato alla figura di Gesù Cristo che è il fondatore spirituale e pilastro della chiesa intesa soprattutto come comunità cristiana.

La celebrazione dell’evento avvenne in una soleggiata giornata, numerosi i parrocchiani che alla Messa delle ore 11.00 si erano raccolti nel terreno dove sarebbe sorta la chiesa, attorno ad un improvvisato altare, per seguire la cerimonia officiata da Mons. Andrea Veggio, Vescovo ausiliare della Diocesi.

Un emozionato don Antonio, ma credo lo fossero tutti i presenti, diede lettura della motivazione dell’evento (purtroppo non vi è copia del documento, pertanto non si conosce l’esatto testo), quindi la pergamena sottoscritta da alcuni parrocchiani con il parroco, dall’Ispettore Salesiano don Giovanni Fedrigotti e da Mons. Veggio venne riposta nella cavità di un blocchetto di marmo bianco, chiuso, suggellato e benedetto.

Ora questa “prima pietra”, riconoscibile dalla semplice incisione sulla facciata dell’anno “1985”, per le ragioni già menzionate, non è stata posata di angolo alla base dell’edificio, ma incastonata nella parete di destra all’ingresso principale della chiesa. Consentitemi una piccola osservazione: alla semplice incisione (1985), si poteva aggiungere qualche parola, magari in latino, sempre d’effetto: sarebbe stata più comprensibile la memoria lasciata ai posteri. Pazienza!

Un curioso aneddoto si aggiunge a questo evento: durante i primi lavori di fabbrica nel terreno, pressoché incolto, è stata trovata una statuetta, in plastica, della Madonna di Lourdes, di quelle che contengono l’acqua benedetta, capitata in quel luogo chissà come; ebbene, consegnata al parroco, è stato subito realizzato il ritrovamento di buon auspicio per la nuova chiesa, del quale don Antonio andò sempre felice.

Da ottobre 1985, inizio dei lavori, una chiesa “nuova di zecca” venne inaugurata il 6 dicembre 1986 dal Vescovo della Diocesi Mons. Giuseppe Amari: in quindici mesi di lavori era stata realizzata un’opera imponente che i parrocchiani, giorno dopo giorno, videro crescere, aiutati a capirne le fattezze grazie anche ad un bellissimo plastico tenuto esposto davanti all’altare della chiesa provvisoria. La lettura poi della relazione tecnica, a firma dei progettisti, ci aiuta a comprendere meglio l’estetica-formale della nuova chiesa, caratteristiche che, fra l’altro, hanno diverse coincidenze con i suggerimenti dati dai parrocchiani. É stata realizzata un’aula principale, priva di colonne, che si allarga a ventaglio verso l’altare (maggiore) e questo è tipico delle chiese moderne di tipo assembleare, esaltando il concetto di comunione, di comunità; il pavimento in leggera pendenza e l’innalzamento di tre gradini dell’area presbiterale, permette una migliore visibilità da ogni posizione. Il battistero, come suggerito da qualche parrocchiano, è stato collocato vicino all’altare, ma questo riteniamo fosse inevitabile in quanto tutti gli aspetti liturgici costituiti dall’altare, dal tabernacolo per la conservazione dell’Eucarestia, dall’ambone, sede del sacerdote e dal battistero, per l’appunto, dovevano rispondere alle indicazioni liturgiche postconciliari e relative approvazioni.

Il soffitto, realizzato in legno lamellare, si divide in due falde sorrette da una struttura centrale a forma di “U” rovesciata che si alza e converge verso l’altare, verso la centralità delle celebrazioni.

L’aula è stata progettata per contenere oltre 600 posti a sedere e questa presumo sia la ragione per aver realizzato ben quattro accessi, oltre il principale, al fine di avere una maggiore fruibilità; difficilmente, però, nel corso degli anni si sono raggiunti “questi pienoni” e pertanto non vi è mai stata la necessità di utilizzare tutte le entrate/uscite. Gli accessi sono stati volutamente progettati tangenziali all’aula e con doppia porta in modo da avere un graduale ingresso, evitando così fenomeni di disturbo. Quanto al tabernacolo, esso ha una funzione diremmo “double-face”, cioè fornito di doppia porta, sorretto da una struttura in marmo posta sul confine tra l’aula maggiore e la cappella per le celebrazioni feriali, servendo così entrambe.

La cappellina, realizzata per contenere circa 70 posti a sedere, ha uno spazio ed un ingresso proprio collegata, sia di fatto che visivamente, all’aula principale; nella parte verso l’ingresso sono stati inoltre ricavati due ampi confessionali. La sacrestia, dalla quale si può accedere distintamente sia all’aula principale che alla cappellina, e alcune stanze ideate come uffici parrocchiali, mai utilizzati a tale funzione, oggi locali di disbrigo e deposito, chiudono il quadro progettuale; nessun “campaniletto”! Nella stesura del progetto non è stata prevista la costruzione del campanile; l’unico elemento che identifica l’edificio sacro è una grande croce che spicca sulla sommità della struttura.

Ciò nonostante, dalla chiesa di San Domenico Savio, il suono delle campane si propaga tramite un “campanile virtuale”, in pratica vengono diffusi suoni digitalizzati, in grado di riprodurre fedelmente qualsiasi rintocco di campane, qualsiasi scampanio oltre a scandire le ore giornaliere a partire dal mattino (ore 7) fino a sera (ore 20), chiudendo il giorno con i rintocchi dell’Ave Maria di Lourdes.

1986 – Edificazione della chiesa di San Domenico Savio: posizionamento edicola del tabernacolo.

6 dicembre 1986 – Inaugurazione della chiesa di San Domenico Savio.

Celebrazione officiata dal Vescovo della Diocesi di Verona Mons. Giuseppe Amari

Una particolare attenzione l’architetto Rossetto l’ha posta allo studio della luce, evitando quella diretta a favore di una illuminazione morbida e diffusa proveniente soprattutto dall’alto, concentrata, in particolare, nella zona del presbiterio; altre piccole aperture illuminano la zona degli ingressi. Due sono le vetrate artistiche a sviluppo verticale nella parete sopra il grande crocifisso e, contrapposte a queste, una grande finestra sopra l’entrata principale con la rappresentazione frontale del busto di San Domenico Savio. Rimanendo all’interno dell’aula “la chiesa grande”, nel corso degli anni sono state collocate, nella zona del presbiterio, le statue di Maria Ausiliatrice e di San Domenico Savio quest’ultima, a seguito della realizzazione degli affreschi, ricollocata in cappellina mentre, in una insenatura di lato all’uscita, è stata posizionata la statua di San Giovanni Bosco con il giovane Domenico Savio: tutte rappresentazioni care ai Padri Salesiani custodi per 40 anni della parrocchia. Nel 1989 vennero commissionati da don Luigi Fantinato i quadri, in maiolica, raffiguranti la Via Crucis, opera di Luigi Scapini, artista che aveva già fatto dei lavori presso la “parrocchia gemella salesiana” di S.ta Croce dalla quale proveniva don Fantinato, nuovo parroco, in sostituzione di don Antonio Bergamin.

Quanto all’esterno, vorremmo porre l’attenzione sull’architettura, vista dall’ingresso principale, che ha attinenza con “il sogno delle due colonne”, uno tra i più noti di San Giovanni Bosco.

Don Bosco raccontò di aver assistito, in sogno, ad una terribile battaglia scatenata sul mare da tante imbarcazioni contro una sola maestosa nave. La nave, più volte colpita ma mai sconfitta, fermamente guidata, trova saldo ancoraggio fra due colonne sorte dal mare: sulla prima colonna vi era una grande Ostia, sulla seconda la statua di Maria Immacolata. La maestosa nave simboleggia la chiesa, guidata dal Santo Padre, immaginata come una grande nave tra i flutti marini, attaccata da tante imbarcazioni rivali (una Chiesa Cattolica assalita nelle sue funzioni, istituzioni, nel suo capo, nella sua dottrina, come centro della verità e maestra di tutti i fedeli); ebbene, quando questa chiesa è saldamente ancorata alle (due) colonne dell’Eucarestia, salvezza dei credenti e di Maria (in quanto Ausiliatrice), aiuto dei credenti, nulla e nessuno potrà insidiarla, sconfiggere. Ed è proprio tale concetto che vogliono esprimere gli affreschi realizzati sulla parete frontale del presbiterio. I nostri due parroci don Gaetano e don Andrea con questa opera non solo hanno voluto dare lustro, abbellire l’interno della chiesa, ma rafforzare e ampliare il pensiero (sogno), di perenne attualità, di don Bosco.

L’opera dell’artista Noemi Poffe, inaugurata in occasione del trentennale della dedicazione della chiesa 1987 – 2017, vuole riecheggiare i punti centrali dell’immaginario di don Bosco: «la chiesa luogo del mistero che si fa carne e incontra noi, rappresentati dalla figura di San Domenico Savio, sorretta dall’Eucarestia da una parte e dalla Madonna dall’altra» (d. Gaetano).

Vista dell’ingresso principale della chiesa, architettura che ha attinenza con il “sogno delle due colonne” di San Giovanni Bosco.

Febbraio 2017 – Vista degli affreschi, opera dell’artista Noemi Poffe.

Domenica 3 maggio 1987 venne solennemente dedicata la chiesa e consacrato l’altare a Dio Ottimo Massimo (DOM) e a San Domenico Savio, la celebrazione fu presieduta da Sua Em. Castillo Lara Card. Rosalio José. Data l’eccezionalità dell’evento e per quanti non hanno mai assistito a tale funzione, diamo una breve spiegazione del rito prendendo a prestito alcuni passaggi dell’esaustivo articolo pubblicato sul giornalino “Costruire Insieme”, uscito in occasione della Pasqua 1987, a firma di don Elio Lago – Salesiano che ha svolto il suo ministero presso la parrocchia negli anni 1987, ’88.

«L’azione liturgica della dedicazione della nostra nuova chiesa e della consacrazione dell’altare, si articola in alcuni riti iniziali preparatori: benedizione e aspersione dell’acqua, liturgia della parola, invocazione dei santi. Seguono la preghiera di dedicazione, l’unzione, la incensazione, la “copertura” e illuminazione dell’altare. La conclusione chiama a raccolta il popolo di Dio attorno alla mensa per la celebrazione eucaristica, segno che concretizza la Chiesa fatta di pietre vive».

Le quattro croci incastonate nelle pareti (unitamente a tutti gli altri gesti significativi) sono la memoria di questo “segno di culto e di lode”, gesti che sintetizzano la realtà della preghiera recitata dal celebrante e da tutta l’assemblea: “Noi, o Padre, ti dedichiamo con gioia questa mensa, questa chiesa, questo altare dove si celebra il memoriale della beata passione, s’innalza la lode perfetta e si raccoglie il frutto della nostra redenzione”.

3 maggio 1987 – Consacrazione, dedicazione della chiesa a San Domenico Savio.

Celebrazione officiata da Sua Eminenza Castillo Lara, Card. Rosalio Josè

Terminiamo questa “pagina dei ricordi”, interamente dedicata all’edificazione della nostra chiesa parrocchiale, valutando l’aspetto economico: dato, badiamo bene, che non deve essere visto meramente numerico, ma come gesto concreto di solidarietà cristiana. La costruzione della nuova chiesa di San Domenico Savio è costata un miliardo di lire (poco più di 500 mila Euro il conteggio odierno). Un importo interamente saldato da diversi anni; una cifra impegnativa pagata, in parte, grazie ad innumerevoli contributi ma che, soprattutto, ha visto coinvolta l’intera comunità la quale, con generosità, pietra dopo pietra, non solo ha visto realizzato il proprio centro di culto, ma rafforzata una Chiesa fatta di “pietre vive”.

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